Wednesday 13 August 2014

Six Mile Lake (partecipazione al concorso Federico II e i poeti tra le stelle - De Arte Narrandi)

Da quando avevo lasciato il sud Italia per trasferirmi da queste parti, non avevo avuto più tempo di soffermarmi sull’assenza di qualcosa che, in silenzio, mi aveva sempre fatto compagnia.
Così, il giorno in cui mi hanno invitata per un weekend al lago è stato come fare di nuovo una bellissima scoperta. Non appena abbiamo parcheggiato le macchine sul vialetto di quella casa, che per qualche motivo definivano “di villeggiatura” pur somigliando a una vera e propria villa, tutto sembrava profondamente avvolto dal buio.
Era un buio fitto, spesso e profumato. Era l’oscurità che di notte avvolge le foreste del nord America delle quali, pur in assenza di luce, si continua ad avvertire l’intensità del verde. Tutte le tonalità di verde.
Entrando in quel vialetto, dopo aver rallentato affinché una volpe finisse di attraversare la strada, avevo provato come la sensazione di essere inghiottita da un enorme ammasso compatto e uniforme di vegetazione. Gli alberi s’innalzavano stretti l’uno all’altro e a quell’ora della notte era quasi impossibile coglierne i limiti. Erano un tutt’uno. Del resto, alla prima curva, mi ero chiesta se quel sentiero di terra battuta portasse davvero da qualche parte. Avevo la sensazione di dovermi ritrovare, da un momento all’altro, aggrovigliata in un cespuglio gigantesco. Un “buco nero”. Uno di quelli nello spazio dai quali sarebbe impossibile uscire e il cui nome ha sempre suscitato in me un certo timore e rispetto.
Non ricordavo nemmeno se avessi avuto il tempo di esprimere quel dubbio o se, per timore di sembrare ridicola, avessi deciso di tenerlo per me. Del resto, non di rado avevo l’impressione che  cercare di spiegare la meraviglia e stupore che mi suscitavano certi fenomeni naturali sminuisse l’emozione stessa. La rendesse banale. Era proprio vero che le parole non sempre ben si accompagnavano alle cose descritte.
Una volta scesa dalla macchina, l’oscurità si era profumata di bosco. Nel bosco c’è un odore forte, pungente e, per qualche motivo, eccitante. Dà un senso di paura mista a curiosità. Fa sentire piccoli, fuori posto.
Mentre tutti si davano da fare a scaricare i bagagli e portare in casa cibi e bevande che sarebbero dovuti bastare per l’intero fine settimana, io sono rimasta pietrificata con la testa in su. Assurdo! Mi sovrastava un blu intenso carico di puntini luminescenti simili a gemme che decoravano un’enorme velo. Non credevo ai miei occhi!
Le stelle. Quante stelle! Non avevo mai fatto caso a quante potessero essercene in cielo in una notte sola. E dire che avevo partecipato a tanti falò in spiaggia aspettando che poi si spegnessero per cedere il posto al buio e all’umidità dei teli e dei vestiti, mentre lo sguardo andava alla ricerca di stelle cadenti.  A pensarci bene i migliori erano stati quelli alle Egadi. Lontano dalle luci del paese, il cielo sembrava sempre immenso e particolarmente luminoso.
Avevo dimenticato quella sensazione? O, di fatto, in quel bosco quel lenzuolo blu sembrava esplodere di luce? Quel fine settimana al lago Six Mile prometteva davvero bene, considerata l’accoglienza.
Non mi ero nemmeno accorta che, distratta da quella meraviglia, tutti erano già entrati in casa, adesso alle prese con le camere da sistemare. Una volta raggiunti al piano superiore mi attendeva un’altra splendida sorpresa. A dividere il grande soggiorno dall’esterno, una vetrata scorrevole che qualcuno aveva già aperto. Fuori, una terrazza in legno si affacciava su un lago da intuire. A quell’ora della notte la luce era pressoché assente.
In pochi secondi, mi è bastato alzare ancora una volta il naso in su, per perdermi completamente in quella meraviglia del creato. Mentre le voci allegre degli altri sembravano allontanarsi lentamente come accade quando ci si immerge nei propri pensieri, allo stesso modo ho cominciato a sentirmi distaccata da tutto ciò che si trovava alla mia altezza e, in una sorta di euforia, ho cercato in tutti i modi di abbandonarmi a quella sensazione sospesa che si prova dinnanzi a un cielo stellato.
Mi sembrava di percepire i battiti del mio cuore, il sangue scorrere nelle vene e quel “vuoto d’amore” che, negli ultimi anni, di rado aveva fatto parte della mia vita.
Sirio o Venere? Da bambina qualcuno mi aveva detto che Venere fosse la stella più luminosa. Ricordo il disappunto della prima volta in cui mi ero soffermata sul fatto che non fosse una stella, se non un pianeta. L’avevo considerata la stella più luminosa per così tanto tempo che quando adolescente ho scoperto che quel posto in realtà spettava a Sirio, mi sono sentita quasi di profanare un’amicizia di vecchia data.
Perché se dobbiamo dirla tutta, io con le stelle ci avevo parlato spesso. Avevo sempre avuto la sensazione che capissero esattamente di cosa stessi parlando. Anche quando lo facevo in silenzio.
Sirio era proprio un bel nome, dovevo ammetterlo. Leggendo qua e là mi aveva stupito che un nome così musicale potesse essere associato a una stella dal potere nefasto secondo alcune popolazioni. Ma nei miei trentanni avevo già avuto modo di sperimentare che spesso la bellezza, evidente o meno, finiva per fare paura.
Dovevo aver fissato il cielo così intensamente che, a un certo punto, ho cominciato ad avere la sensazione che fosse davvero rotondo, come se fossi all’interno di una sfera e tutt’intorno a me fossero stelle, puntini.
Per qualche motivo, quando perdiamo una persona cara associamo la dipartita a un nuovo viaggio. Chissà chi era stato il primo a dire: “Da oggi in cielo c’è una nuova stella che ci guarda e ci protegge dall’alto.” Vero o no che sia, dà proprio una bella sensazione. Ti fa stare meglio con il resto del mondo.
Non riuscivo a capire se quella scia opaca rispetto al resto del cielo fossero nubi o la Via Lattea. Non mi era parso che il cielo fosse nuvoloso uscendo da Toronto.
            E se avessi optato per un corso di laurea un po’ più scientifico? A pensarci col senno di poi, se non fosse stato per il fatto che il mio professore di matematica continuava a considerarmi tanto graziosa quanto incapace, probabilmente avrei pure optato per qualcosa tipo medicina, chimica...È tanto triste quanto interessante realizzare quanto certe dinamiche sociali ci indirizzino verso una strada piuttosto che un’altra. Inutile adesso attribuire colpe e perdere tempo, finanche solo per un secondo, a cercare di immaginare come sarebbe stato ciò che di fatto non è.
Chissà come si sentono gli animali del bosco alla sera. Si soffermano a guardare il cielo? Cosa pensano che siano quei bagliori lontani? Ci pensano? Io sì che ci penso! Ma perché perdiamo un sacco di tempo a fissare telefonini, laptop e tablet quando tutt’intorno a noi è un tripudio di cose da osservare? Meno male che qui non c’è copertura. Tre giorni senza telefono, televisore e radio. Due notti di cielo stellato.
-Bello il cielo stanotte, eh? Ti va un bicchiere di vino?
- Sì, rosso per favore...

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