One of the
coolest things we got together with the Canadian Citizenship is a pass. It’s
called Cultural Access Pass, and it’s a precious gift from many points of view.
For one year, it gives the owner and two children
free access to many historical or important places all around Canada. We have been using it a lot. Black Creek Pioneer Village, Fort Henry, and last Saturday, for example, we took the kids to the ROM (one of their favorite places in Toronto).
Thank God we didn’t pay! I don’t know exactly what happened, but the kids became overexcited. Usually, they are pretty good. They walk, the ask questions, the explain things to us. But Saturday something was just out of place…
It was Lorenzo’s first visit to the Museum with one
friend. Of course, they were super happy to spend time together. The lesson I
learnt is that you don’t need too much when you have three kids together. Give
them a rock, or anything that can be used as a shelter, and using the 2 hands
they have been already gifted with by Mother Nature, they will put together a
Spaghetti Western movie.
Maia actually explained to me that it was super cool
to find protection behind a display containing objects from all over the world,
originally intended to show people ancient traditions fundamental to the
develop of the world history.I actually found a section completely new to me. It was really interesting. So interesting that I spent most of the time asking Lorenzo and Maia to be quiet. They were looking at me (they know very well they have to look at my eyes when I am talking to them), they were saying “Yes, I did understand we don’t have to run”, and finally they were RUNNING away, shooting an imaginary bad guy, and rolling on the floor to avoid being shot.
As a family, we do believe in the power of words. We
like to explain why we disagree, or agree. It is really important that our
actions are understood by our children. For some reason, even though there was
a little Canadian fellow with us who didn’t speak Italian, Alessandro was set
up in the “Italian Mode”. He kept speaking Italian to the kids. I guess he felt
a little bit disappointed with their behavior, and that was a good way to keep
his emotional side under control.
The situation became hilarious. Let’s say that
Alessandro was explaining to Lorenzo why it would be better to stay quiet in a
museum to give people the opportunity to enjoy their visit.
Lorenzo’s translation to his friend was, “He said WE
CAN’T run!”
-
“Lorenzo, I think you should eat your
bread first, and then you will have a chewing gum.”
-
“What did he say?” (This would be the
friend)- “He said we CAN’T have chewing gum!”
- “Lorenzo, if you run here it is not fair to those who paid the ticket and want to enjoy their visit!”
- “What did he say?”
- “He said WE CAN’T!”
- “Lorenzo, I don’t think it is a good idea to bring your Nerf Guns with you. Do you think you can play at the ROM? You will play once we come back, won’t you?”
- “What did he say?”
- “He said WE CAN’T use the Nerf Gun”
- “Lorenzo, I didn’t say that.”
- “I know. Yes, I understood.”
- “What did he say?”
- “He said WE CAN’T!”
Basically, we spent 48
hours being translated by our son with only THREE words!
I thought about why a 9
years old young boy would say that. I came up with 3 options:
1) My
son is a bad interpreter.
2) He
was looking at us, but not listening to us.
3) Kids
go straight to the point. It didn’t matter why, how and when. The result was
just they COULDN’T DO what they wanted in that moment.
The CULTURAL ACCESS PASS
was not just a pass. On Saturday I felt the CULTURAL ACCESS PASS was not just a
pass, it was a real friend. One of those who understand the situation without the
need for an explanation, a translation. Those who invite you for coffee and
tell you, “Don’t worry, be happy! ...the coffee is on me today!”
Una delle cose più forti ricevute assieme alla
cittadinanza canadese è un pass. Si chiama Cultural Access Pass ed è un dono
prezioso sotto molti punti di vista. Per un anno, dà accesso gratuito all’intestatario e
due bambini a molti luoghi importanti e storici del Canada.
L’abbiamo utilizzato molto: Black Creek Pioneer
Village, Fort Henry e lo scorso sabato, per esempio, abbiamo portato i bambini
al ROM (Royal Ontario Museum, uno dei loro posti preferiti).
Grazie a Dio non abbiamo pagato! Non so esattamente
cosa sia accaduto, ma i bambini erano elettrizzati. Di solito, si comportano
abbastanza bene. Camminano, fanno domande, ci spiegano cose. Ma sabato qualcosa
era fuori posto…
Era la prima volta di Lorenzo al Museo con un amico.
Senza dubbio, erano super felici di trascorrere del tempo insieme. La lezione
che ho imparato è che non hai bisogno di tanto quando metti assieme tre
bambini. Da’ loro una roccia, o qualunque cosa possa fungere da riparo, e con
le due mani delle quali Madre Natura gli ha fatto dono metteranno su uno
Spaghetti Western.
Di fatto Maia mi ha spiegato che era bellissimo
trovare riparo dietro vetrine contenenti oggetti provenienti da tutto il mondo,
intesi per mostrare alla gente tradizioni antiche e fondamentali per lo
sviluppo della storia mondiale.
Ho anche trovato una sezione completamente nuova per
me. Molto interessante. Talmente interessante che ho trascorso gran parte del
tempo a chiedere a Lorenzo e Maia di darsi una calmata. Mi guardavano (sanno
benissimo che devono guardarmi negli occhi quando gli parlo), mi dicevano: “Sì,
ho capito che non devo correre”, e infine CORREVANO via, sparando a un cattivo
immaginario e rotolandosi sul pavimento per evitare di essere colpiti a loro
volta.
Come famiglia, crediamo nel potere delle parole. Ci
piace spiegare perché non siamo o siamo d’accordo. È molto importante che le
nostre azioni siano comprese dai nostri figli. Per qualche motivo, anche se con
noi si trovava un giovanotto canadese che non parlava italiano, Alessandro era
settato in “modalità italiano”. Continuava a parlare in italiano con tutti e
tre i bambini. Immagino fosse un po’ contrariato dal loro atteggiamento e
quello fosse un buon modo per mantenere l’aspetto psicologico sotto controllo.
La situazione è diventata comicissima. Diciamo che
Alessandro spiegava a Lorenzo perché fosse opportuno stare calmi in un museo
dando alla gente la possibilità di godersi la visita.
La traduzione di Lorenzo per l’amico era: “Ha detto
che NON POSSIAMO correre!”
-
“Lorenzo, Penso che dovresti prima
mangiare il pane e poi avere una chewing gum.”
-
“Cosa ha detto?” (Questo sarebbe l’amichetto)
-
“Ha detto che NON POSSIAMO avere la
chewing gum!”
-
“Lorenzo, se correte qui non è giusto
nei confronti delle persone che hanno pagato il biglietto e si vogliono godere
la visita!”
-
“Che ha detto?”
-
“Ha detto che NON POSSIAMO!”
-
“Lorenzo, non penso sia una buona idea
quella di portare le Nerf Guns (n.d.r. pistole con proiettili di gomma piuma). Pensi
possiate giocare al ROM? Giocherete una volta tornati, no?”
-
“Cosa
ha detto?”
-
“Ha detto che NON POSSIAMO usare le Nerf
Gun”
-
“Lorenzo, non ho detto questo.”
-
“Lo so. Sì, ho capito.”
-
“Cosa ha detto?”
-
“Ha detto che NON POSSIAMO!”
In pratica, abbiamo
trascorso 48 ore tradotti da nostro figlio con sole TRE parole!
Ho pensato al perché un
ragazzino di 9 anni traduca così. Ho pensato a tre opzioni:
1) Mio figlio è un
pessimo interprete.
2) Ci guardava, ma non ci ascoltava.
3) I bambini vanno diretti al punto. Non era
importante perché, come e quando. Il risultato era semplicemente che NON
POTEVANO fare ciò che desideravano in quel momento.
Il CULTURE ACCESS
PASS non è stato solo un pass. Sabato ho sentito che non era solo un pass, era
un vero amico. Uno di quelli che comprendono la stituazione senza bisogno di
spiegazioni, di traduzioni. Quelli che ti invitano per un caffè e ti dicono:
“Don’t worry, be happy! ...offro io oggi…”